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ambi non lo sono. Si vedono respingersi se uno è bagnato e l’altro nò. Il portarsi dei corpicciuoli leggieri galleggianti alla superficie delle acque, verso le pareti della vasca che le contiene, si spiega dietro questo principio.

12.° Qualunque sia l’altezza, cui si eleva un liquido, giammai si vede il medesimo sortire al difuori dall’apertura superiore del tubo capillare. È questa una conseguenza necessaria dei resultati già esposti. Basterà infatti riflettere, che la superficie della colonna liquida elevata nel tubo capillare, è sempre concava verso l’infuori; per cui, se in un tubo capillare ricurvo si va aggiungendo acqua da una parte, tanto che si riesca a far terminare la colonna prima in superficie piana, poi in superficie convessa all’infuori, si vedrà l’altra colonna rimasta concava, sollevarsi sempre più al disopra dell’altra. Si genera dunque per capillarità, una forza di depressione, allorchè la superficie si fa convessa. Non si creda perciò che l’acqua, che scola da uno stuppino di cotone immersovi, e ripiegato in basso esca per capillarità; basterà infatti di tenerlo orizzontale, perchè cessi lo scolo.

Non posso diffondermi a proposito di questi fenomeni, sino a darvene la teoria, che è interamente del dominio dell’analisi matematica la più sublime. I citati risultamenti dell’osservazione bastano a provarvi, che questi fenomeni dipendono da quella forza che chiamiamo attrazione molecolare, la quale si esercita fra le molecole dei corpi, e che cessa di agire alle più piccole distanze.

Onde evitare ogni falsa applicazione dei fenomeni capillari all’economia animale, è d’uopo che abbiate sempre presente, che uno spazio qualunque, pieno totalmente di liquido, non è capace di esercitare nessuna azione capillare, che l’azione d’un tubo capillare su i liquidi è dovuta, piuttosto che alla natura diversa del tubo stesso, a quella del liquido di cui si trova spalmata la sua interna parete, che finalmente non è mai per effetto di capillarità