Pagina:Maturin - Melmoth, I, 1842.djvu/343

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la inferriata della finestra maggiore della chiesa! Era impossibile di vedere una più propizia serata: dessa era placida ed oscura. Il giardino era deserto, non era in esso persona vivente; nessun passo umano rumoreggiava per que’ viali deserti. Io affrettava il mio andare; ad un tratto credetti di sentire il calpestio d’una persona, che mi seguisse, e mi arrestai: non erano, che le palpitazioni del mio cuore, che io distingueva nel profondo silenzio di quel fatale momento. Portai la mano al petto, siccome una madre che cerchi di acquietare il suo bambino. Mi approssimai alla porta, e mi sembrava di sentirmi ripetere all’orecchio le parole: siate qui dimani sera alla medesima ora. Mi abbassai, e con un occhio, che pareva divorar volesse ciò che vedeva, osservai un foglio sotto la porta, lo presi e lo nascosi sotto il mio abito. Io tremava a tal punto per l’allegrezza, che non sapeva come fare onde portarlo nella mia stanza senza essere scoperto. Ci riuscii ciò non ostante, e quando