Pagina:Maturin - Melmoth, II, 1842.djvu/260

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mare delle Indie ove i vostri sogni mi hanno già inviato sì di spesso, o che mi convenga spezzare i diacci del polo, o che finalmente mi sia necessario solcare i flutti di quell’oceano che un giorno, giorno terribile, in cui non risplenderà nè sole nè luna che non avrà nè principio nè fine, mi converrà solcare per sempre per non raccorne, che disperazione! — Zitto! tacete! non pronunziate tanto orribili parole! Siete voi in realtà, che io vidi nell’isola? Siete voi, che da quel momento avete fatto parte delle mie preghiere, delle mie speranze, del mio cuore? Siete voi quell’ente, sul quale fondai la mia speranza anco in quel momento in cui la vita stava per abbandonarmi? Nel mio viaggio per recarmi a questa terra cristiana, molto soffrii. Io era sì malata, che voi avreste avuta pietà di me. Oh! voi solo, il pensiero di voi, la vostra immagine potevano soltanto sostenermi! Io amava; e quando si ama, si vive. Priva di quella deliziosa esistenza, che mi parve un sogno, e che riempie tuttora i