Pagina:Maturin - Melmoth, II, 1842.djvu/39

Da Wikisource.
34

ro che potesse in me suscitare un qualche particolare timore. Fui dunque allora tanto fortunato, quanto può esserlo uno, che vive nella solitudine e nella oscurità, che riposa sulla paglia, e si ciba d’acqua e di pane! Ma la quarta notte dopo il mio interrogatorio fui risvegliato da un forte chiarore, che venne a riflettere sulle mie pupille. Intimorito mi alzai a sedere sul letto, e vidi una persona, che teneva un lume, e si ritrasse indietro dal mio letto per andare ad assidersi nell’angolo più remoto della mia camera.

Quantunque io rimanessi stupefatto alla vista di una creatura umana, ebbi ciò non ostante tanta presenza di spirito da dimandare perentoriamente, chi fosse quegli, che si prendeva la libertà di entrare nella cella di un prigioniero? L’incognito rispose con un tuono di voce il più dolce, che giammai, credo, abbia risuonato dentro quelle mura, lui esser prigioniero come me, e che per una indulgenza particolare eragli stato permesso di visitarmi e che sperava...