Pagina:Maturin - Melmoth, II, 1842.djvu/66

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rata. Una lampada, che spandeva una debolissima luce era sospesa al soffitto. Per mezzo di questa io vidi le cose, che ho descritte, e quelle che dirò in appresso. Un uomo di mezza età, ma di cui la fisonomia poteva sembrare rimarchevole, anco agli occhi di uno spagnuolo, per l’estrema nerezza delle sopracciglia, pel lungo naso, ed un certo lustro negli occhi entrò nella camera, si inginocchiò davanti alla tavola, baciò il libro, che vi era posato, e lesse alcune pagine, che io credetti dover precedere un qualche orribile sagrifizio. Esaminò in seguito se fosse ben affilato il coltello, si rimise in ginocchio, proferì alcune parole, che io non potei comprendere; e quindi gridò ad alta voce: Manasse-ben-Salomon! ma nessuno rispose. Egli sospirò, si pose la mano sulla fronte, come un uomo che dimanda perdono a sè medesimo di un involontario errore; in seguito pronunziò il nome di Antonio. Un giovinetto entrò immantinente, e disse: padre mio, mi avete chiamato? E nel terminar queste parole gettò