Pagina:Maturin - Melmoth, III, 1842.djvu/144

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tito, fu cagione di questa sua risoluzione.

Il giorno delle nozze non tardò ad arrivare. Eleonora si levò di buon mattino, gli amici ed i congiunti degli sposi novelli si portavano alla Chiesa, in quel medesimo numero e con quello sfarzo medesimo che il giorno in cui avevano accompagnata lei all’altare. Ella vide da lungi il brillante corteggio ed udì le voci di gioia della metà della provincia; si figurò il timido sorriso di Margherita, e la figura risplendente di lui, che un tempo era destinato a ricevere la sua mano. Ad un tratto cessò il clamore, ed ella immaginò, esser già cominciato il sacro rito; quindi che le irrevocabili parole fossero omai state pronunziate. Le acclamazioni di gioia risuonarono un’altra volta quando lo splendido corteggio fece ritorno al castello. Allorchè fu tutto cessato, Eleonora a caso gettò lo sguardo sulle sue vesti; queste erano bianche siccome quelle del giorno che era stato destinato per le sue nozze: le permutò fremendo con