Pagina:Maturin - Melmoth, III, 1842.djvu/230

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roccie tramandavano fino a lui una schiuma di ardente zolfo. Cotesto mare sembrava aver vita; ciascun maroso conteneva un’anima che penava, che all’urtare contro i macigni gettava un grido spaventoso, e quindi all’appianarsi del flutto scompariva alla vista per uscir fuori di nuovo e ripetere le sue strida. Cotesta spaventevole alternativa doveva durare per sempre!... Ad un tratto Melmoth si sentì precipitare al basso; ma nel cadere si arrestò alla metà dell’altezza. Credette di essersi fermato in una porzione di scoglio che sporgeva innanzi al di sopra del mare di fuoco, ove non vi era più estensione di quello che potesse starvi co’ piedi. Alzò allora gli occhi, ma l’aria superiore non presentava che una impenetrabile oscurità, in mezzo alla quale potè ciò non ostante distinguere un braccio gigantesco, che lo teneva sospeso sul margine del precipizio, intanto che un altro braccio, ma di una grossezza immensamente maggiore del primo, si dirigeva verso un quadrante in cui era una sola lancet-