Pagina:Mazzini - Scritti editi e inediti, LXIX.djvu/253

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e riionia d’un voto, come l’ideava Bonaparte, un di, dopo il Colpo di Stato, espressione della disperazione degli uni, della corruttela degli altri, e della codarda (;alcolatrice rassegnazione dei molti, che sal>eudosi condannati da un potere, non inirano che a rendersi piú favorevole chi sottentra.

]Srelle condizioni interne della Sardegna vive un pericolo, sul quale calcola probabilmente il governo per consumare l’atto nefando. Quel povero popolo, i cui istinti son tutti italiani, che ricorda in parecchie fogge del suo vestire la tradizione romana e nel suo dialetto piú largo numero di parole latine che non è in alcun altro dei nostri dialetti, fu trattato come straniero da un governo al quale dava sangue, oro ed asilo quando i tempi e le proprie colpe minacciavano di disfarlo. Quell’isola, la cui importanza, intesa dai Greci sul primo albeggiare dell’incivilimento intorno al ÌVIediterraneo. indusse i liomani a rompere fede ai patti della prima guerra Punica e determinò la seconda; quell’isola che. collocata tra la Francia. l’Africa, la Spagna e l’Italia, segna la via principale del commercio mediteiraneo, e dovrebbe, per la Maddalena, Terranova, l*orto-Conte, Oristano, San Pietro. Palmas e Cagliari, versare all’Europa le derrate orientali; quell’isola dal clima temperato, dal suolo mirabilmente fecondo, destinato dalla natura alla produzione del frumento, dell’olio, del tabacco, del cotone, dei vini, dei melaranci, dell’indaco: ricca <íi legname da costruzioni marittime, e di miniere segnatamente di piombo argentifero, e posta a sole 45 leghe dal lido d’Italia, fu guardata da un governo, che non fu mai se non piemontese, come terra inutile, buona al piú a raccogliere, monopolizzatori d’nfíicii. gli uomini i quali, se impie-