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MEDEA.
La fede, e la tua mano
Benigna e protretice
Io cheggio, che concedi,
C’habitar possa in questa tua cittate
In luogo abietto e vile,
Nascoso, e dove i miseri si stanno.
E, se ti piace pure
Scacciarmen fuori; almeno
Mi si conceda nel tuo Regno un loco
Lontano; ov’io dimori.
Cr.
Assai bene ho dimostro,
Ch’io non son di que’ Regi,
Che reggon con la forza il Regno loro,
E che col pie superbo
Soglion calcar i miseri: anzi sono
Liberale e pietoso,
Havendo eletto per genero mio
Huomo esule et afflitto,
E pieno di terrore:
Che te brama a la pena
Et a la morte. Acasto,
Ilqual hor di Thesaglia il Regno tiene,
Si duol, che ’l debol padre
Per la molta vecchiezza
Da te sia stato occiso;
E del vecchio le membra
Divise e guaste piagne,
Alhor che le sorelle
Dal tuo inganno sospinte
Si misero a quell’opra
Si scelerata e ria.
E puo Giason, se tu la tua rimovi,
La sua causa difender giustamente:
Però che nessun sangue