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Pagina:Medea.djvu/50

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MEDEA.
Se ne fuggì da Zetho.
S’aggiungono le penne, che cascaro
A le uccelle Stinfalide ferite
Da le saette tinte
Nel sangue velenoso
De la serpe Lernea.
Io sento risonare i sacri Altari,
E tremar veggo i Tripodi commossi
Del favor di te Dea.
Io veggio i lievi carri
Di Trivia; non gia quelli,
Che quando è piena col lucente volto
Move vegghiando e gira:
Ma quelli, ch’ella adopra
Quando mesta, e con faccia
Rubiconda et oscura,
Quando da nostri incanti
E’ costretta sen corre
Con piu vicini freni.
Cosi la trista luce
Pallida spargi intorno
Pel cielo e di terror le genti ingombra.
E in tuo aiuto Dittinna
Risuonino i Corinthi
I pretiosi loro
Metalli: a te porgemo
Il sacrificio sopra
Cespuglio sanguinoso.
A te una falce tolta
Di mezo dal sepolcro
Leva i notturni fochi.
A te, piegando il capo,
Cosi torcendo il collo
Formo sacre parole.