Pagina:Melli - La filosofia di Schopenauer.djvu/30

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potrà credere di spiegarsi la cosa dicendo: c’è un’armonia prestabilita, o formatasi per via di adattamento, tra la realtà in se delle cose e il nostro modo di rappresentarci le cose. Kant e Schopenhauer, che non amano di affermare più di quello che sanno, si contentano di dire: il nostro modo di rappresentarci le cose è precisamente la realtà della nostra esperienza; e di questa realtà, la sola che noi conosciamo, lo spazio e il tempo sono le condizioni permanenti. Cionoscere vuol dire innanzi tutto essere in grado d’intuire lo spazio e il tempo, e la realtà e verità delle cose, come oggetti di conoscenza, è essere presenti alla coscienza nelle forme dello spazio e del tempo. Ai quali quando si tolga il loro carattere d’intuizioni e quel sistema di relazioni intuibili che costituisce tutta l’essenza loro, non si capisce più in che senso si possano dire reali: tanto vero questo, che quelli stessi che li pongono come realtà indipendenti dalla nostra coscienza sono obbligati a concepirli o come intuizioni di una mente assoluta o come funzioni di una realtà spirituale inconscia che nella nostra mente si solleva fino a diventar consapevole: le quali ipotesi, in questo caso, non sono altro che un duplicato della nostra intuizione, non fanno che proiettare in una sfera metafisica non sperimentabile lo stesso spazio e lo stesso tempo della nostra esperienza. Se per realtà s’intende la realtà intuita o intuibile, non c’è nulla di più reale dello spazio e del tempo, sono essi la con-