Pagina:Melloni - Relazione intorno al dagherrotipo, Napoli, 1839.djvu/7

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foro sino a tre, o quattro pollici e vi si adatti una lente biconvessa di cristallo che lo turi esattamente: allora ponendo in vicinanza del foro una lamina di vetro resa semidiafana ed uniformemente scabra sopra una delle sue faccie coll’attrito dello smeriglio, e scostandola gradatamente in modo da conservarla sempre verticale e parallela alla sua posizione iniziale, si troverà un certo allontanamento, detto dai fisici distanza focale, ove le immagini assumono il massimo grado di chiarezza e di precisione. Si supponga ora la lente fissa all’estremità di un tubo, il quale s’allarghi alquanto dal lato opposto, e venga chiuso alla distanza focale da un vetro smerigliato, e si avrà un idea esatta della Camera oscura inventata da G. B. Porta celebre matematico e fisico napoletano che fioriva intorno alla metà del secolo XVII.

Varie modificazioni furono successivamente introdotte nella camera oscura del Porta: alcune tendevano a raddrizzare le vedute che nella disposizione originale si dipingono rovesciate, e pel nostro proposito non occorre esaminarle: altre ebbero per iscopo di rendere le immagini sempre più distinte e precise. E veramente, il fuoco o distanza focale è quel tal luogo dello spazio ove tutti i raggi, scagliati da ogni punto dell’oggetto luminoso o illuminato su tutta l’ampiezza della lente, si riuniscono al di là, in virtù delle rifrazioni subite nel loro doppio passaggio dall’aria al vetro, e viceversa. Ora un punto di qualunque corpo, bianco o colorato, manda fuori de’ raggi di diversa natura, ed ognuno di essi si piega o rifrange diversamente: ne segue che il fuoco non potrà essere per tutti situato alla medesima distanza, ma più o meno lontano secondo la loro minore o maggiore refrangibilità; laonde avvi una sconcentrazione, o aberrazione come dicono i fisici, la


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