Pagina:Memorie della Accademia delle Scienze di Torino, Tomo XXIX.djvu/685

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del cav. di s. quintino 239

confaccia; uno antichissimo detto da lui Osimandua ovvero Osimandia, lo stesso forse che il Re Ismanden nominato da Strabone in quel luogo dove dice che gli Egiziani soleano confondere questo Re con Memnone1; l’altro di età meno remota, e posteriore di parecchie generazioni a Sesostri, chiamato Menden dallo stesso Diodoro, quegli cioè che innalzè, per servire a se stesso di sepolcro, il famoso laberinto dell’Egitto tanto celebrato dall’antichità.2

Ma l’età del Re Mandui rappresentata sulla lapide sepolcrale anzidetta, ed i geroglifici che sono compresi nel cerchietto del suo nome non possono altrimenti convenire al Re Menden di Diodoro: poichè il Faraone Mandui si vede figurato su quella lapide, sotto i suol cerchietti reali (V. le tav. ii. e iii. a. b), in alto di compiere un omaggio religioso in onore del suo antenato Amenofis i, l’Amoses o Thutmosis o Sethmosis di Manetone, e l’Amenophleph dei monumenti3, e della Regina Nane-Atari sposa di lui, fondatori

  1. Strab. Geogr. xvii. p. 1167.
  2. Diod. Bibl. lib. I. cap. 61. Ivi: Dopo la morte di questo Re (l’Etiope Attsane) gli Egizi avendo ricuperata la sovranità, crearono Re uno di loro nazione, cioè Menden, detto da alcuni Marro (καὶ κατέστησαν ἐγχώριον βασιλέα Μένδην, ὃν τινές Μάῥρον προσονομάζουσιν), il quale, comechè non abbia illustrato il suo regno con alcun fatto di guerra, innalzò però a se stesso un sepolcro detto il Laberinto, edifizio non tanto maraviglioso per l’ampiezza della mole, quanta per l’inimitabiie opifizio dell’arte. Questo laberinto non è da confondersi con quell’altro attribuito da Manetone a quel suo antichissimo Lampares o Λάβαρις quarto Re della duodecima dinastia; il quale laberinto non dovrebbe essere stato altra cosa che un ipogeo simile a quelli che sono stati scoperti di recente nella valle dei sepolcri Reali presso Tebe. In fatti ecco come ne parla lo stesso autore: Hic Lampares in Arsinoite labyrintum cavernosum sibi tumulum fecit. V. Euseb. Cronic. nella versione del testo armeno. Ediz. Milan. 1818. pag. 99.
  3. I Monarchi egiziani appartenenti alla dinastia detta la decima ottava da Manetone non solamente si trovano registrati con molta diversità ne’ vari testi di quello storico, ma portano sui loro monumenti nomi affatto differenti da quelli di Manetone, e diversamente ancora veggonsi nominati presso i greci scrittori. Quindi, chi ha obbligo di trattare questi argomenti, per togliere la confusione e l’oscurità che da tanto numero e discrepanza di nomi necessariamente deriva, trovasi astretto a continue distinzioni, ed a ripetizioni fastidiosissime. Per evitare un tale inconveniente, in queste lezioni ed in quelle altre che potrò scrivere intorno a cose egiziane, io farò uso di una nomenclatura derivata dai tre principali elementi di quei nomi, che sono le divinità Ammone, Thoth, e Ra, la quale, senza allontanarsi affatto da quella del sacerdote di Sebennito, già conosciuta universalmente, s’accosta però