Pagina:Memorie per servire alla vita di Dante Alighieri.djvu/107

Da Wikisource.
100 memorie

compenso per sopprimere i mali che da tante divisioni erano minacciati, fu da alcuni creduto, che il miglior rimedio di tutti fosse il procurar la venuta di Carlo di Valois Conte d’Angiò, e fratello di Filippo il Bello re di Francia1. Stimò Dante, il quale era del partito dei

  1. Questo è quel Carlo, di cui in persona di Ugo Capeto dice Dante nel XX. canto del Purg. ver. 70. e seg.

         Tempo veggh’io, non molto dopo ancòi,
              Che tragge un’altro Carlo fuor di Francia,
              Per far conoscer meglio a sè, e i suoi.
         Senz’arme n’esce, e solo con la lancia,
              Con la qual giostrò Giuda, e quella ponta
              Sì ch’a Fiorenza fa scoppiar la pancia.
         Quindi non terra, ma peccato e onta
              Guadagnerà, per se tanto più grave,
              Quanto più lieve simil danno conta.

    Di esso parlano a lungo gli storici della Toscana. Il padre Ilarione della Costa nella storia de’ Re di Francia da lui aggiunta ai veri ritratti di questi Re, ed il L’Enfant in un artic. del tom. II. della Bibl. Germanica credono che lo spirito di odio, e vendetta concepito contro questo Principe da Dante lo movesse a dare al suddetto Ugo in questo medesimo canto vers. 52. la discendenza da un beccaio di Parigi. Quale forza abbia una tale opinione per spiegare quel celebre verso del nostro Poeta:

    «Figliuol fui d’un beccajo di Parigi»

    non è quì luogo il cercarlo dopo tanti che ne hanno parlato. Cosa troppo fuor di proposito sarebbe il farlo, bastando che per difesa di Dante si possa sostenere che un diritto era di certe famiglie, alcune delle quali sussistono ancora, il provvedere questa gran città delle bestie da macello, e formavano una specie di collegio come appresso i Romani, di che può vedersi l’Enciclopedia Art. Boucher e la Storia di Francia di Velly proseguita dal signor Villaret Vol. XIII. pag. 154. edizione in 12°. Parigi 1764; onde altro quella espressione non significhi se non che Ugo era appunto discendente da una casata la quale godeva di tal privilegio. È egli inverisimile che nel secolo XIII. vi fosse questa credenza? Comunque sia l’opinione avanzata da Dante era comune in quei tempi, e Giovanni Villani, che parla da Storico, la riporta come creduta dai più, lib. IV. cap. 3. È quì da riferire ancora che Gaillard nella vita di Francesco I. tom. 8. pag. m. 198. e 199. narra ciò che Dante spaccia di Ugo Capeto ed asserisce che Luigi Alamanni avendolo mostrato a quel Re, questi