Pagina:Memorie per servire alla vita di Dante Alighieri.djvu/163

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tifiche verità, le quali erano allora note, l’assidua applicazione allo studio, l’amore della patria, l’abilità nei maneggi, il coraggio nelle intraprese, in tempi meno disastrosi erano le migliori qualità che potessero concorrere in un’uomo di governo. Ma qual’era in quel tempo lo stato di Firenze non solo, ma di tutta la misera Italia? Le gare fra i cittadini erano a tal segno arrivate, che senza riguardo alla privata passione, si sacrificavano indistintamente i buoni e i cattivi; e le dispute fra la Chiesa e l’Impero, fra i Nobili ed il Popolo, avevano quasi scancellato dagli uomini ogni rispetto di parentela e d’amicizia, e fatto tacere ogni più sacrosanta legge della natura. In tanta confusione di cose non si poteva facilmente conoscere il vero carattere di un’uomo, perchè da ogni sua parola, e da ogni suo pensamento si prendeva motivo per dichiararlo o Ghibellino, o Guelfo, o aderente ai Magnati, o alla Plebe,1 quantunque internamente non avesse avuto altra mira, che la quiete e la pace comune. Ma quanto risalterebbe il merito di Dante, se si prendesse a dimostrare lo stato delle Lettere, le quali appena erano in quel tempo professate dai Laici2! perchè si vedrebbe come superò tutti gli altri suoi contemporanei nella vastità del sapere. Cognizione delle passate storie, delle opinioni degli uomini, e delle più nobili Discipline, forza nel dire, vivacità nei pensieri e nelle immagini, esattezza nelle espressioni, e nella pratica dei vocaboli stessi, sono quelle

  1. Più che Guelfo in generale per Ghibellino e aderente ai Magnati si tenne.
  2. Laico, ed uomo uomo senza letteratura in quel secolo era quasi la cosa stessa, ed al contrario chierico e letterato fu preso per sinonimo. Oltre gli esempi che della significazione di tali voci riporta il Du-cange v. clericus, laicus ed altri, il Co. Giuseppe Garampi nelle sue erudite annotazioni alla vita della B. Chiara di Rimini pag. 35. ne adduce di nuovi, ed ancor io potrei trarne fuori degli altri se ne valesse il pensiero. Non in questo senso certamente Gio. Villani dice di Dante, che quantunque laico, fu sommo poeta, e filosofo, e rettorico perfetto ec. Laico cioè non chierico.