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106 | arco traiano |
scritta nel fregio: Iovi Capitolino; e lo stesso autore attesta[1] che ben di rado in simiglianti opere d’arte gli scultori hanno scolpite tutte le colonne dei tempii. Allo stesso modo notasi una certa diversità tra l’arco scolpito nel nostro e quello scolpito nel monumento di Costantino. Sono diversità di particolari, cui l’artista non si atteneva con molta fedeltà.
Però, nell’insieme, han questi due quadri molta analogia. Quello di Roma è designato per l’ingresso di Traiano in quella città dopo il primo trionfo Dacico; ed io inclino a credere che lo stesso possa pensarsi del nostro.
Si sa da Dione[2] che Traiano, dopo avere per alcun tempo dimorato in Roma da quando vi era pervenuto come sovrano, si affrettò a muover guerra ai Daci: Traianus autem cum Romae aliquandiu commoratus esset, in Dacos cum exercitu proficiscitur. Ed aggiunge lo stesso autore che Traiano, sottomesso Decebalo, ritornò in Italia conducendo i legati di costui, per confermare la pace dinanzi al Senato, e che per questa vittoria si ebbe il trionfo e fu appellato Dacico. Le parole dello storico son queste: «His confectis rebus, Traianus in Italiam revertitur. Tum legati Decebali intromittuntur in Senatum, depositisque armis, iunctisque manibus more servorum, pauca supplices loquuntur: dein confirmata pace arma recipiunt. Eoque facto Traianus de Dacis triumphavit, et Dacicus cognominatus est.»
È da presumersi da un lato che l’artista non abbia potuto dimenticare questo fatto solenne tra i memorabili dell’illustre Principe, e dall’altro che, volendo seguire il crescendo delle vittorie Daciche, abbia divisato di raffigurare in questo quadro la prima vittoria Dacica, e di scolpire da indi nel fregio il maestoso trionfo delle più splendide vittorie della seconda guerra contro Decebalo.
Riconfermano maggiormente la mia ipotesi l’arco di trionfo e il tempio di Giove scolpiti nel quadro, non meno che la presenza dei Senatori.
E quanto io più penso a tale ipotesi mi si affaccia alla mente