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124 arco traiano

altri sei che rappresentano altri sacerdoti minori. Quello fra essi che è tra la vittima ed il camillo monco di testa è creduto da Rossi sia Adriano, ma con nessun fondamento, a creder mio, giacchè non gli somiglia affatto. Esso porta nella mano sinistra un rotolo.

I soliti dodici littori in tunica, chlamys e fasci laureati e la corona di lauro sul capo, sono scolpiti in tre piani dei quadro. E finalmente nell’angolo a sinistra dell’osservatore si vede effiggiata l’immolazione della vittima, la quale è un giovenco, trattenuto pel muso e per il corno sinistro da un popa o vittimario, gli autori facendo distinzione tra i popi e i vittimarii1. Quest’ultimo popa ha il capo laureato e una veste frangiata, la quale, stretta alla vita da larga cintura, come di cuoio, gli scende sino a mezza gamba, lasciandolo nudo nel resto del corpo. Egli è inginocchiato sulla sinistra e trattiene il giovenco sul destro ginocchio; ma ora l’avambraccio gli è stato rotto, e restangli le dita della sinistra mano scolpite sul muso del giovenco. Porta al fianco sinistro due coltelli racchiusi in una guaina triangolare, ornata sul piatto. Un altro vittimario è nell’estremo del quadro, a sinistra, vestito appena sul basso come il precedente laureato, e portante al fianco sinistro identica guaina. Egli imbrandisce nella mano destra levata una specie di maglio, come la clava d’Ercole, in parte rotto, col quale sta per abbattere la vittima. Per tal fine si usava tanto il malleo che la scure2; nel fregio vedremo che i vittimarii portan la seconda. La sua azione è naturalissima e precisa, come quella dell’altro popa che trattiene il giovenco.

Da ultimo, alle spalle del precedente, un terzo popa, rappresentato in simile foggia degli altri due, porta sull’omero sinistro un gran vase con manichi, che Rossi vuole sia il prefericolo, il quale veramente serviva per riporvi il vino3. Piuttosto par che sia di quelli che eran detti capedines, da capiendo, perciocchè formati coi manichi4 ed impiegati nei sacrifizii. Questo popa porta pure il malleo, meglio conservato di quello del precedente.

  1. Ferdinando Secondo, op. cit. tom. II. pag. 56.
  2.  id. op. cit. tom. II. pag. 60.
  3. Idem. luogo cit. pag. 58.
  4. Cicerone, Gli uffizii, I paradossi, tomo 2. nota 3. alla pag. 608, Napoli, Giuseppe Asil. Elia, 1768.