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156 arco traiano


L’altro personaggio che è nell’estremo opposto ha pure la tunica e il mantello, rimboccato sul di dietro in artistici avvolgimenti. Questo mantello ha un particolare degno di nota, cioè un cappuccio conico, come lo portiamo ancor noi oggi attaccato al colletto dei nostri mantelli, e lo portano i monaci. Era la veste che i romani chiamavano cuculus, la quale fu detta pure Bardocucullus e cucullus Bardaicus dai Bardi da cui traevano origine i Galli, onde Marziale ebbe a scrivere:

Gallia Santonico vestit te bardocucullo1.

Donde la cocolla dei nostri frati. Questo mantello era chiuso sul dinanzi del petto, e lo si infilava introducendo la testa nello scollato. Lo si usava d’inverno. Egli regge nella sinistra una specie di scettro quadrangolare, di cui al presente avanza una porzione, simile a quello che porta la figura dell’Italia nel quadro antecedente, e che non mi pare possa essere, secondo vuol Rossi, la vite (vitis dei latini), che portavano i centurioni quale insegna, al modo stesso che i littori le verghe2. E con la sinistra regge il vessillo o labaro frangiato che abbiamo osservato altrove. Egli è in atto di muover frettoloso verso Traiano, cui dirige lo sguardo. Nell’insieme e nei particolari questa è una delle più belle figure scolpite nell’Arco. Le proporzioni del corpo, la stupenda notomia delle parti nude, la naturalezza e spigliatezza della posa, la grazia dell’insieme, l’espressione del volto, sono i pregi che io ravviso in essa.

Nel secondo piano sono tre altre figure, delle quali due nel mezzo del quadro. Di esse quella più prossima a Traiano è in abito da guerriero, identico affatto a quello che indossa Adriano nel quadro XVIII, e per conseguenza tralascio di descriverlo. Egli ha viso molto giovanile, capelli crespi, adorni di una corona di alloro. Ha la destra mano mancante, con il relativo antibraccio, ma si scorge che doveva accennare al vicino personaggio, mentre gli posa sul capo la sinistra, e si rivolge a Traiano. Rossi,

  1. Aula, op. cit. tom. II. pag. 42.
  2.  Id. op. cit. tom. I. pag. 208.