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302 via traiana


Le colonne milliarie rinvenute lungo la via che fu un tempo l’Egnazia son parecchie, e tutte parlano della munificente opera di Traiano. E, se talvolta portano la dizione pecunia sua stravit, ed altre fiate quella pecunia sua fecit, ben puossi argomentare che siasi voluto in tal guisa distinguere la semplice lastricatura di alcuni tratti dalla costruzione affatto nuova di altri, la qual cosa andrebbe in perfetto accordo con il citato passo di Galeno.

Un argomento più convincente a dimostrare che la via Traiana per le nostre contrade sia stata l’antica Egnazia devesi desumere dal fatto che l’Appia era già aperta alle carrette, e che il restauro di essa sarebbe stato sempre un avvenimento meno importante della riduzione a careggiabile di una via mulattiera.

Allorchè parlai della via Egnazia, ne descrissi il corso particolareggiato attraverso la nostra regione quasi sulla guida delle tracce della via Traiana, considerando che quelle dell’antica mulattiera di Strabone sieno certamente sparite da tempo remoto, forse da quello in cui Traiano aprì la sua via alle carrette. Non mi si tacci, adunque, di avere errato allora, imperocchè dalla sostanza io non sono affatto uscito, allorquando ho riferito le stazioni per le quali quella via passava. Però mi preme ora far avvertire che essa aveva un andamento più montuoso, probabilmente quasi quello che ha il Regio Tratturo, la grande via della pastorizia tra gli Abbruzzi e la Puglia, la quale devesi ritenere antica quanto è antica la pastorizia fra noi, sebbene Gregorovius1 affermi che sia stata aperta con una legge di Alfonso I d’Aragona; questi potè reintegrarla e regolarne il corso dopo secoli di abbandono. Traiano, invece, menò la sua via per la valle, ove il potè, e per la mezza costa dei colli, acciò fosse riuscita più agevole alle vetture; la qual cosa concorda pur sempre con il citato passo di Galeno.

Pur temendo di diventar troppo prolisso, non posso omettere qui un’altra osservazione: sulle varie antiche carte geografiche trovo segnato il cammino dell’Appia da Benevento per Equotutico; il quale errore, secondo me, ha dovuto provvenire

  1. F. Gregorovius, Nelle Puglie, traduz. ital. di Raff. Mariano, Firenze, Barbèra, 1882, pag. 164 e 165.