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porsi che siasi sentito il bisogno di avere qui un emporio per comodo del commercio, e per provvedere alla pubblica annona. Grano, biade, olio, vino ed altri prodotti di prima necessità poterono essere in questo emporio depositati, per farne la ripartizione alle colonie vicine, e provvederne Roma istessa; e l’edifizio potè essere esteso ed ingrandito a misura che crebbe il bisogno. Mi si dirà: ma su quale fondamento storico voi poggiate tutte queste vostre ipotesi? Eh, se per un edifizio così vasto, quale abbiamo visto che doveva essere il nostro, manca ogni ricordo storico ed ogni tradizione, il supporre che abbia avuto una destinazione piuttosto che un’altra è permesso, quante volte la critica archeologica può sola esser maestra e guida fra le tenebre; e vedremo che la critica ci farà alquanta luce sulla quistione.

Torniamo un poco ad esaminare la sezione traversale di quel lungo corridoio (Tav. XLV, fig. 2.); quel muro così grosso esternamente sul lato di occidente, con riseghe entro e fuori, non pare fatto apposta per resistere a grandi spinte dal di dentro? Non si potevano certo temere quelle della volta a botte, giacchè essa è impostata molto alta, e si appoggia alla minore grossezza del muro; altre spinte, invece, voleansi elidere e contrastare, ed eran quelle appunto nascenti dal peso dei depositi delle granaglie e di altri prodotti. Notisi pure che il poggio di muratura mnlp, tra i corridoi D ed F non potè avere altra destinazione se non quella dell’appoggio di vasi contenenti liquidi. Questi due corridoi, quello E ed altri simiglianti che ho supposto esistere1, potevano bene essere tanti cellarii, cellaria, variamente denominati, dal prodotto che erano destinati a contenere, cellarium olearium, vinarium, gratiarium. Vitruvio2 parla di ciascuno partitamente, e della orientazione e cautela che dovevano osservarsi per ognuno. Veramente egli parla dei cellarii delle case di campagna, ma nessuno ostacolo vi ha a ritenere lo stesso per quelli di un emporio.

Un particolare interessante cade in acconcio qui riferire, a proposito del cellario, ed è che la contrada che circonda il no-

  1. Pag. 320.
  2. Op. cit. lib. VI. pag. 52 e 53.