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atto terzo 221


SCENA VIII

Catone con ispada nuda, e detti

Catone. (verso Marzia) Pur ti ritrovo, indegna.
Marzia. Misera!
Cesare.  Non temer. (va a porsi davanti a Marzia)
Catone. (vedendo Cesare)  Che miro!
Emilia. (vedendo Catone)  Oh stelle!
Catone. Tu in Utica, o superbo? (a Cesare)
Tu seco, o scellerata? (a Marzia)
Voi qui senza mio cenno? (alla gente armata)
 Emilia armata?
Che si vuol? Che si tenta?
Cesare. La morte mia, ma con viltá.
Emilia. (a Catone) Tu vedi
ch’oggi è dovuto all’onor tuo quel sangue,
non men che all’odio mio.
Marzia. Ah, questo è troppo! È Cesare innocente:
innocente son io.
Catone.  Taci. Comprendo
i vostri rei disegni. Olá! dal fianco
di lui l’empia si svelga. (alla gente armata)
Cesare. (si pone in difesa) A me la vita
prima toglier conviene.
Catone. Temerario!
Emilia.  Eh! s’uccida. (a Catone)
Marzia. Padre, pietá!
Catone. (a Cesare) Deponi il brando.
Cesare.  Il brando
io non cedo cosí. (s’ode di dentro romore)
Emilia.  Qual improvviso
strepito ascolto?
Catone.  E di quai grida intorno
risonan queste mura?