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308 xxi - il re pastore


onorata memoria il nome mio

lungamente fra voi. Tamiri, oh dèi!
sol Tamiri l’oscura. Ov’ella giunga
fuggitiva raminga,
di me che si dirá? che un empio io sono,
un barbaro, un crudel.
Agenore.   Degna è di scusa,
se, figlia d’un tiranno, ella temea...
Alessandro. Questo è il suo fallo: e che temer dovea?
Se Alessandro punisce
le colpe altrui, le altrui virtudi onora.
Agenore. L’Asia non vide altri Alessandri ancora.
Alessandro. Quanta gloria m’usurpa! Io lascerei
tutti felici. Ah! per lei sola or questa
riman del mio valore orma funesta.
Agenore. (Coraggio!)
Alessandro.   Avrei potuto
altrui mostrar, se non fuggía Tamiri,
ch’io distinguer dal reo so l’innocente.
Agenore. Non lagnarti. Il potrai.
Alessandro.   Come!
Agenore.   È presente.
Alessandro. Chi?
Agenore.   Tamiri.
Alessandro.   E mel taci?
Agenore.   Il seppi appena
che a te venni; e or volea...
Alessandro.   Corri! t’affretta!
guidala a me.
Agenore.   Vado e ritorno. (in atto di partire)
Alessandro.   Aspetta. (pensa)
(Ah! sí: mai piú bel nodo (risoluto da sé)
non strinse Amore.) Or sí contento a pieno
partir potrò. Vola a Tamiri, e dille
ch’oggi al nuovo sovrano
io darò la corona, ella la mano.