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atto primo 7


SCENA II

Didone con séguito, e detti.

Didone. Enea, d’Asia splendore,
di Citerea soave cura e mia,
vedi come a momenti,
del tuo soggiorno altera,
la nascente Cartago alza la fronte.
Frutto de’ miei sudori
son quegli archi, que’ templi e quelle mura;
ma de’ sudori miei
l’ornamento piú grande, Enea, tu sei.
Tu non mi guardi e taci? In questa guisa
con un freddo silenzio Enea m’accoglie?
Forse giá dal tuo core
di me l’immago ha cancellata Amore?
Enea. Didone alla mia mente,
giuro a tutti gli dèi, sempre è presente;
né tempo o lontananza
potrá sparger d’obblio,
questo ancor giuro ai numi, il foco mio.
Didone. Che proteste! Io non chiedo
giuramenti da te: perch’io ti creda,
un tuo sguardo mi basta, un tuo sospiro.
Osmida. (Troppo s’inoltra.)
Selene.  (Ed io parlar non oso.)
Enea. Se brami il tuo riposo,
pensa alla tua grandezza:
a me piú non pensar.
Didone.  Che a te non pensi?
Io che per te sol vivo? Io che non godo
i miei giorni felici,
se un momento mi lasci?