Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. I, 1912 – BEIC 1883676.djvu/156

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150 ii - siroe


Siroe.  Ad insultarmi ancora
qui vien Medarse! E in qual remoto lido
posso celarmi a te?
Medarse.  Taci, o t’uccido.
 (snuda la spada)
Emira. È lieve pena a un reo
la sollecita morte. Ancor sospendi
qualche momento il colpo. Ei ne ravvisi
tutto l’orror. Potrò sfogare intanto
seco il mio sdegno antico.
Tu sai ch’è mio nemico e che, stringendo
contro di me fin nella reggia il ferro,
quasi a morte mi trasse.
Siroe. E tanto ho da soffrir?
Emira.  (Giungesse Arasse!)
 (guardando per la scena)
Siroe. E Idaspe è cosí infido,
che, unito a un traditor...
Medarse.  Taci, o t’uccido.
Siroe. Uccidimi, crudel! Tolga la morte
tanti oggetti penosi agli occhi miei.
Medarse. Mori!... (Mi trema il cor.)
Emira.  (Soccorso, o dèi!)
Medarse. (Sento, né so che sia,
un incognito orror che mi trattiene.)
Siroe. Barbaro! a che t’arresti?
Emira.  (E ancor non viene!)
 (come sopra)
Medarse. (Chi mi rende sí vile?)
Emira.  Impallidisci!
Dammi quel ferro: io svenerò l’indegno;
io svellerò quel core. Io solo, io solo
basto di tanti a vendicar gli oltraggi.
Medarse. Prendi; l’usa in mia vece. (dá la spada ad Emira)
Siroe.  A questo segno
ti sono odioso?
Emira.  Or lo vedrai, superbo: