Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. I, 1912 – BEIC 1883676.djvu/20

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14 i - didone abbandonata


               Osmida. Tu mi scorgi al gran disegno;
          al tuo sdegno, al tuo desio
          l’ardir mio ti scorgerá.
               Cosí rende il fiumicello,
          mentre lento il prato ingombra,
          alimento all’arboscello,
          e per l’ombra umor gli dá. (parte)

SCENA VII

Iarba ed Araspe.

Iarba. Quanto è stolto, se crede
ch’io gli abbia a serbar fede!
Araspe. Il promettesti a lui.
Iarba. Non merta fé chi non la serba altrui.
Ma vanne, amato Araspe;
ogn’indugio è tormento al mio furore;
vanne: le mie vendette
un tuo colpo assicuri. Enea s’uccida.
Araspe. Vado: e sará fra poco
del suo, del mio valore
in aperta tenzone arbitro il fato.
Iarba. No, t’arresta: io non voglio
che al caso si commetta
l’onor tuo, l’odio mio, la mia vendetta.
Improvviso l’assali, usa la frode.
Araspe. Da me frode! Signor, suddito io nacqui,
ma non giá traditor. Dimmi ch’io vada
nudo in mezzo agl’incendi, incontro all’armi
tutto farò. Tu sei
signor della mia vita: in tua difesa
non ricuso cimento;
ma da me non si chieda un tradimento.