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ATTO TERZO

SCENA I

Atrio delle carceri con cancelli di ferro in prospetto, che conducono a diverse prigioni. Guardie a vista su la porta de’ detti cancelli.

Onoria, indi Ezio con catene.

Onoria. Ezio qui venga. È questa gemma il segno
 (alle guardie)
del cesareo volere. Il suo periglio
mi fa piú amante; e la pietá, ch’io sento
nel vederlo infelice,
tal fomento è all’amor, ch’io non so come
si forma nel mio petto
di due diversi affetti un solo affetto.
Eccolo. Oh, come altero,
come lieto s’avanza!
O quell’alma è innocente, o non è vero
che immagine dell’alma è la sembianza.
(esce Ezio da uno de’ cancelli, presso de’ quali restano le guardie)
Ezio. Questi del tuo germano (mostrando le catene)
son, principessa, i doni. Avresti mai
potuto immaginarlo? In pochi istanti
tutto cangiò per me. Cinto d’allori
del giorno al tramontar tu mi vedesti;
e poi co’ lacci intorno
tu mi rivedi all’apparir del giorno.