Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. I, 1912 – BEIC 1883676.djvu/301

Da Wikisource.

atto terzo 295


               Ma, se quel cor superbo
          l’istesso ancor sará,
          vi lascio in libertá,
          sdegni dell’alma.

SCENA IV

Massimo e detto.

Massimo. Signor, tutto sedai. D’Ezio la morte
a tuo piacere affretta:
Roma t’applaude; ogni fedel l’aspetta.
Valentiniano.  Ma che vuoi? Mi si dice
che un barbaro, che un empio,
che un incauto son io. Gli esempi altrui
seguitar mi conviene.
Massimo. Come! Perché?
Valentiniano.  T’accheta. Ezio giá viene.

SCENA V

Ezio incatenato esce dai cancelli, e detti.

Massimo. (Chi mai lo consigliò?)
Ezio.  Dal carcer mio
richiamato, io credei
d’incamminarmi ad un supplizio ingiusto;
ma ne incontro un peggior: rivedo Augusto.
Valentiniano.  (Che audace!) Ezio, fra noi
piú d’odio non si parli. Io vengo amico:
il mio rigor detesto;
e voglio...
Ezio.  Io so che vuoi: m’è noto il resto.
Onoria ti prevenne; il tutto intesi.