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atto secondo 347

SCENA XIV

Erissena e Gandarte.

Gandarte. Adorata Erissena,
fra perdite sí grandi, ah! non si conti
la perdita di te. Fuggiam da questa
in piú sicura parte:
tuo sposo e difensor sará Gandarte.
Erissena. Vanne solo: io sarei
d’impaccio al tuo fuggir. La mia salvezza
necessaria non è: la tua potrebbe
esser utile all’India. Anzi tu devi
a favor degli oppressi usar la spada.
Gandarte. E dove senza te speri ch’io vada?
               Se viver non poss’io
          lungi da te, mio bene,
          lasciami almen, ben mio,
          morir vicino a te.
               Che se partissi ancora,
          l’alma faria ritorno;
          e non so dirti allora
          quel che farebbe il piè. (parte)

SCENA XV

Erissena.

E pur, chi ’l crederia? Fra tanti affanni
non so dolermi, e mi figuro un bene,
quando costretta a disperarmi vedo.
Ah! fallaci speranze, io non vi credo.