Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. I, 1912 – BEIC 1883676.djvu/374

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368 v - alessandro nell'indie


Poro.  Io non saprei
per te piú liete immaginarne. Il solo
inciampo al vincitor con me si toglie;
onde potrai fra poco
in lui destar gl’intepiditi ardori,
e far che, ossequioso,
del domato Oriente
venga a deporti al piè tutt’i trofei.
Cleofide. Ah! non dirmi cosí, ché ingiusto sei.
Poro. Ingiusto! È forse ignoto
che, quando in su l’Idaspe
spiegò primier le pellegrine insegne,
adorasti Alessandro? e che di lui
seppe la tua beltá farsi tiranna?
Forse l’India nol sa?
Cleofide.  L’India s’inganna.
Io non l’amai: ma, dall’altrui ruine
giá resa accorta, al suo valor m’opposi
con lusinghe innocenti, armi non vane
del sesso mio. Donde sperar difesa
maggior di questa? Era miglior consiglio
forse nell’elmo imprigionar le chiome?
Coll’inesperta mano
trattar l’asta guerriera? Uscendo in campo,
vacillar sotto il peso
d’insolita lorica, e farmi teco
spettacolo di riso al fasto greco?
Torna, torna in te stesso: altro pensiero
chiede la nostra sorte
che quel di gelosia.
Poro.  Qual è? Pretendi
che d’Alessandro al piede
io mi riduca ad implorar pietade?
Vuoi che sia la tua mano
prezzo di pace? Ambasciador mi vuoi
di queste offerte? Ho da condurti a lui?
Ho da soffrir tacendo
di rimirarti ad Alessandro in braccio?
Spiégati pur, ch’io l’eseguisco e taccio.
Cleofide. Né mai termine avranno