Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. I, 1912 – BEIC 1883676.djvu/399

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varianti 393


quell’aita da me, che piú vorrai.
Timagene». Infedel! Sí, di sua mano
caratteri son questi.
Erissena. (Che feci mai!)
Alessandro.  Ma donde il foglio avesti?
Erissena. Da un tuo guerrier, che, invano
ricercando di Poro, a me lo diede.
(Celo il germano.)
Alessandro.  A chi darò piú fede?
Parti, Erissena.
Erissena.  Ah! tu mi scacci. Io vedo
che dubiti di me. Se tu sapessi
con quanto orrore io ricevei quel foglio,
mi saresti piú grato.
Alessandro.  Assai tardasti
però nell’avvertirmi.
Erissena.  Irresoluta
mi rendeva il timor.
Alessandro.  Lasciami solo
co’ miei pensieri.
Erissena.  Oh sventurata! Io dunque
teco perdei giá di fedele il vanto?
Alessandro. Eh! non dolerti tanto. Un dubbio alfine
sicurezza non è.
Erissena.  Sí, ma quell’alme,
cui nutrisce l’onor, la gloria accende,
il dubbio ancor d’un tradimento offende.
               Come il candore
          d’intatta neve
          è d’un bel core
          la fedeltá:
               un’orma sola,
          che in sé riceve,
          tutta le invola
          la sua beltá. (parte)