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106 vii - artaserse


agitato Artaserse, e m’abbandona.
Megabise, che fu? Se tu lo sai,
determina il mio core
fra tanti suoi timori a un sol timore.
Megabise. E tu sola non sai che Serse ucciso
fu poc’anzi nel sonno?
che Dario è l’uccisore? e che la reggia
fra le gare fraterne arde divisa?
Semira. Che ascolto! Or tutto intendo.
Miseri noi! misera Persia!
Megabise. Eh! lascia
d’affliggerti, o Semira. Hai forse parte
fra l’ire ambiziose e fra i delitti
della stirpe real? Forse paventi
che un re manchi alla Persia? Avremo, avremo
pur troppo a chi servir. Si versi il sangue
de’ rivali germani, inondi il trono:
qualunque vinca, indifferente io sono.
Semira. Ne’ disastri d’un regno
ciascuno ha parte, e nel fedel vassallo
l’indifferenza è rea. Sento che immondo
è del sangue paterno un empio figlio,
che Artaserse è in periglio; e vuoi ch’io miri
questa vera tragedia,
spettatrice indolente e senza pena,
come i casi d’Oreste in finta scena?
Megabise. So che parla in Semira
d’Artaserse l’amor. Ma senti: o questo
del germano trionfa, e, asceso in trono,
di te non avrá cura; o resta oppresso,
e l’oppressor vorrá vederlo estinto:
onde lo perdi o vincitore o vinto.
Vuoi d’un labbro fedele
il consiglio ascoltar? Scegli un amante
uguale al grado tuo. Sai che l’amore
d’uguaglianza si nutre. E se mai porre