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atto primo | 115 |
Mandane. (Io non spero piú pace.)
Artabano. (Io fingo e tremo.)
Arbace. Tu non mi guardi, o padre? Ogni altro avrei
sofferto accusator senza lagnarmi:
ma che possa accusarmi,
che chieder possa il mio morir colui
che il viver mi donò, m’empie d’orrore
il cor tremante e me l’agghiaccia in seno:
senta pietá del figlio il padre almeno.
Artabano. Non ti son padre,
non mi sei figlio;
pietá non sento
d’un traditor.
Tu sei cagione
del tuo periglio:
tu sei tormento
del genitor. (parte)
SCENA XIII
Arbace, Semira, Mandane, Megabise e guardie.
Arbace. Ma per qual fallo mai
tanto, o barbari dèi, vi sono in ira?
M’ascolti, mi compianga almen Semira.
Semira. Torna innocente, e poi
t’ascolterò, se vuoi:
tutto per te farò.
Ma, finché reo ti veggio,
compiangerti non deggio,
difenderti non so. (parte)