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ARGOMENTO

Era in Antiochia Adriano, e giá vincitore de’ parti, quando fu sollevato all’impero. Ivi fra gli altri prigionieri ritrovavasi ancora la principessa Emirena, figlia del re superato, dalla beltá della quale aveva il nuovo cesare mal difeso il suo cuore, benché promesso da gran tempo innanzi a Sabina, nipote del suo benefico antecessore. Il primo uso, ch’egli fece della suprema potestá, fu il concedere generosamente la pace a’ popoli debellati, e l’invitare in Antiochia i principi tutti dell’Asia, ma particolarmente Osroa, padre della bella Emirena. Desiderava egli ardentemente le nozze di lei, ed avrebbe voluto che le credesse ogni altro un vincolo necessario a stabilire una perpetua amistá fra l’Asia e Roma. E forse il credeva egli stesso; essendo errore pur troppo comune, scambiando i nomi alle cose, il proporsi come lodevol fine ciò che non è se non un mezzo onde appagar la propria passione. Ma il barbaro re, implacabil nemico del nome romano, benché ramingo e sconfitto, disprezzò l’amichevole invito, e portossi sconosciuto in Antiochia, come seguace di Farnaspe, principe a lui tributario, cui sollecitò a liberare e con preghiere e con doni la figlia prigioniera, ad esso giá promessa in isposa, per poter egli poi, tolto un sí caro pegno dalle mani del suo nemico, tentar liberamente quella vendetta che piú al suo disperato furor convenisse. Sabina intanto, intesa l’elezione del suo Adriano all’impero, e nulla sapendo de’ nuovi affetti di lui, corse impaziente da Roma in Siria a trovarlo ed a compir seco il sospirato imeneo. Le dubbiezze di Cesare fra l’amore per la principessa de’ parti e la violenza dell’obbligo che lo richiama a Sabina, la virtuosa tolleranza di questa, le insidie del feroce Osroa, delle quali cade la colpa sull’innocente Farnaspe, e le smanie d’Emirena ne’ pericoli or del padre, or dell’amante ed or di se medesima, sono i moti fra’ quali a poco a poco si riscuote l’addormentata virtú d’Adriano, che, vincitore alfine della propria passione, rende il regno al nemico, la consorte al rivale, il cuore a Sabina e la sua gloria a se stesso (Dione Cassio, libro xix; Sparziano, in Vita Hadriani caesaris).