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194 viii - adriano in siria


Osroa.   Barbara sorte!

Ecco l’inganno. Il tuo seguace ad arte
cader doveva, e tu cadesti a caso;
onde, confuso il segno,
l’un per l’altro svenai.
Adriano.   Questa mercede,
barbaro, tu mi rendi? Oppresso e vinto
t’invito, t’offerisco
di Roma l’amistá...
Osroa.   Sí, questo è il nome,
empi! con cui la tirannia chiamate;
ma poi servon gli amici, e voi regnate.
Adriano. Siam del giusto custodi. Al giusto serve
chi compagni ci vuol, non serve a noi:
ma la giustizia è tirannia per voi.
Osroa. E chi di lei vi fece
interpreti e custodi? Avete forse
ne’ celesti congressi
parte co’ numi? o siete i numi istessi?
Adriano. Se non siam numi, almeno
procuriam d’imitarli; e il suo costume
chi co’ numi conforma, agli altri è nume.
Osroa. Numi però voi siete
avidi dell’altrui; rapite i regni,
vaneggiate d’amor, volete oppressi
gl’innocenti rivali,
tradite le consorti...
Adriano.   Ah! troppo abusi
della mia sofferenza. Olá! ministri,
in carcere distinto alla lor pena
questi rei custodite.
Farnaspe.   Anche Eniirena?
Adriano. Sì, ancor l’ingrata.
Farnaspe.   Ah! che ingiustizia è questa?
Qual delitto a punir ritrovi in lei?