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atto secondo | 269 |
ancor nel regio stato
infelice sarai, come privato.
Olinto. Felicitá non credi
del comando il piacer?
Mitrane. L’uso d’un bene
ne scema il senso. Ogni piacer sperato
è maggior che ottenuto. Or non comprendi
di qual peso è il diadema, e quanto studio
costi l’arte del regno.
Olinto. Il regno istesso
a regnare ammaestra.
Mitrane. È ver; ma sempre
s’impara errando, ed ogni lieve errore
si fa grande in un re.
Olinto. Tanta dottrina
non intendo, Mitrane. Il brando e l’asta
solo appresi a trattar. Gli affetti umani
investigar non è per me. Bisogna
per massime sí grandi
etá piú ferma, e frequentar conviene
d’Egitto i tempii o i portici d’Atene.
Mitrane. Ma d’Atene e d’Egitto
il saper non bisogna
per serbarsi fedel. Tu fino ad ora
non amasti Barsene?
Olinto. E l’amo ancora.
Mitrane. E puoi, Barsene amando,
compiacerti d’un trono,
per cui la perdi?
Olinto. E comparar tu puoi
la perdita d’un core
coll’acquisto d’un regno?
Mitrane. A queste prove
chi è fedel si distingue.
Olinto. Eh! che in amore