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321 atto primo


Chi mai non vide — fuggir le sponde,

la prima volta — che va per l’onde,
crede ogni stella — per lui funesta,
teme ogni zeffiro — come tempesta,
un picciol moto — tremar lo fa.
     Ma, reso esperto, — sí poco teme,
che dorme al suono — del mar che freme,
     o sulla prora — cantando va. (parte)

SCENA VIII

Parte del giardino reale, con fontane rustiche da’ lati e boschetto sacro a Diana in prospetto. Notte.

Issipile, Toante e poi di nuovo Learco in disparte.

Issipile. Eccoci in salvo, o padre. È questo il bosco

sacro a Diana. Il mio ritorno attendi
fra quell’ombre celato.
Toante.   È questo, o figlia,
l’imeneo di Giasone? E queste sono
le tenere accoglienze?
Issipile.   Ah! di querele
non è tempo, signor. Célati.
Toante.   Oh Dio!
Tu ritorni ad esporti
all’ire femminili.
  (Learco s'avanza, e, non veduto, ascolta in disparte)
Issipile.   Il nostro scampo
assicuro cosí. Perché ti stimi
ciascuna estinto, accreditar l’inganno
dee la presenza mia.
Toante.   Ma come speri
Eurinome ingannar?
Issipile.   De’ lenni uccisi
uno si sceglierá, che, avvolto ad arte