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128 | xii - demofoonte |
sfoga il duol che nascondi;
piangi, lagnati almen, parla, rispondi!
Dircea. Che mai risponderti,
che dir potrei?
Vorrei difendermi,
fuggir vorrei;
né so qual fulmine
mi fa tremar.
Divenni stupida
nel colpo atroce;
non ho piú lagrime,
non ho piú voce;
non posso piangere,
non so parlar. (parte)
SCENA VIII
Creusa sola.
delle miserie altrui? Quante in un giorno,
quante il caso ne aduna! Ire crudeli
tra figlio e genitor, vittime umane,
contaminati tempii,
infelici imenei. Mancava solo
che tremar si dovesse
senza saper perché. Ma troppo, o sorte,
è violento il tuo furor: conviene
che passi o scemi. In cosí rea fortuna
parte è di speme il non averne alcuna.
Non dura una sventura,
quando a tal segno avanza:
principio è di speranza
l’eccesso del timor.