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194 | xiii - la clemenza di tito |
vi seguirò.
Annio. Ma, se d’un tardo aiuto
Sesto fidar si dee, Sesto è perduto. (parte)
Vitellia. Precedimi tu ancor. (a Servilia) Un breve istante
sola restar desio.
Servilia. Deh! non lasciarlo
nel piú bel fior degli anni
perir cosí. Sai che finor di Roma
fu la speme e l’amore. Al fiero eccesso
chi sa chi l’ha sedotto. In te sarebbe
obbligo la pietá. Quell’infelice
t’amò piú di se stesso; avea fra’ labbri
sempre il tuo nome; impallidia qualora
si parlava di te. Tu piangi!
Vitellia. Ah! parti.
Servilia. Ma tu perché restar? Vitellia, ah! parmi...
Vitellia. Oh dèi! parti, verrò: non tormentarmi!
Servilia. Se altro che lagrime
per lui non tenti,
tutto il tuo piangere
non gioverá.
A questa inutile
pietá che senti,
oh, quanto è simile
la crudeltá! (parte)
SCENA XI
Vitellia sola.
d’esaminar la tua costanza. Avrai
valor che basti a rimirare esangue
il tuo Sesto fedel? Sesto, che t’ama
piú della vita sua? che per tua colpa
divenne reo? che t’ubbidí crudele?