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208 | xiv - achille in sciro |
esser non può fallace:
fai diventar verace
un labbro mentitor.
Tutto il coro. Ah! le nostr’alme accendi
del sacro tuo furor.
Parte del coro. Tu dái coraggio al vile,
rasciughi al mesto i pianti,
discacci dagli amanti
l’incomodo rossor.
Tutto il coro. O fonte de’ diletti,
o dolce obblio de’ mali,
accendi i nostri petti
del sacro tuo furor.
Ad un improvviso suon di trombe, che odesi in lontano verso la marina, tace il coro, s’interrompe il ballo e s’arrestan tutti in attitudine di timore, riguardando verso il mare.
Achille. Udii.
Deidamia. Chi temerario ardisce
turbar col suon profano
dell’orgie venerate il rito arcano?
Achille. Non m’ingannai: lo strepito sonoro
parte dal mar. Ma non saprei... Non veggo
che vuol dir, chi lo move... Ah! principessa,
eccone la cagion. Due navi, osserva,
vengono a questo lido.
Deidamia. Aimè!
Achille. Che temi?
Son lungi ancor.
Compariscono in lontananza due navi. Sentesi di nuovo il suono delle trombe suddette. Tutti partono fuggendo, toltone Achille e Deidamia.
Achille. Perché?
Deidamia. Non sai
che d’infami pirati