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atto secondo 231


Licomede.   Che ti sgomenta? È forse

Teagene uno sposo
che non meriti amor?
Achille.   (Mi perdo. Io sento
che soffrir piú non posso.)
Licomede.   Alfin la figlia,
dimmi, a qual altro mai
meglio unir si potea?
Achille.   (Soffersi assai.)
Signor... (risoluto)
Nearco.   Le regie mense,
Licomede, son pronte.
Licomede.   Andiamo. Udisti,
Pirra, i miei sensi: a te mi fido. Ah! sia
frutto del tuo sudor la pace mia.
          Fa’ che si spieghi almeno
     quell’alma contumace:
     se l’amor mio le piace,
     se vuol rigor da me.
          Di’ che ho per lei nel seno
     di re, di padre il core:
     che appaghi il genitore,
     o che ubbidisca il re. (parte)

SCENA V

Achille e Nearco.

Achille. Non parlarmi, Nearco,

piú di riguardi: ho stabilito. Adesso
non sperar di sedurmi. Andiamo.
Nearco.   E dove?
Achille. A depor queste vesti. E che! degg’io
passar cosí vilmente
tutti gli anni migliori? E quanti oltraggi