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atto secondo 295


rinnovazion d’affanni

mi propaga nell’alma i miei tiranni.
Arpago. Ah! signor... (affettando affanno)
Astiage. (con ispavento) Giusti dèi! che fu?
Arpago.   Sicuro
non è il sangue real.
Astiage.   Che! si cospira
contro di me?
Appago.   No; ma il tuo Ciro estinto
chiede vendetta.
Astiage.   (Altro temei.)
Arpago.   (Di tutto
il misero paventa.)
Astiage.   Udisti, amico.
dunque la mia sventura? Il sol perdei
conforto mio.
Arpago.   (Falso dolor! Con l’arte
l’arte deluderò.)
Astiage.   Né mi è permesso
punire alcun senza ingiustizia: è stato
involontario il colpo.
Arpago.   Alceo lo dice:
ma chi sa?
Astiage.   Non mi resta
luogo a sospetti. Ho indubitate prove
dell’innocenza sua. Punir nol deggio
d’una colpa del caso. Alceo si ponga,
Arpago, in libertá; ma fa’ che mai
a me non si presenti,
né le perdite mie piú mi rammenti.
Arpago. Ubbidito sarai.