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atto primo 25
Megacle.   Sí.

Aristea.   Perché mai
dunque sei cosí mesto?
Megacle. Perché... (Barbari dèi! che inferno è questo?)
Aristea. Intendo: alcun ti fece
dubitar di mia fé. Se ciò t’affanna,
ingiusto sei. Da che partisti, o caro,
non son rea d’un pensier. Sempre m’intesi
la tua voce nell’alma: ho sempre avuto
il tuo nome fra’ labbri,
il tuo volto nel cor. Mai d’altri accesa
non fui, non sono e non sarò. Vorrei...
Megacle. Basta: lo so.
Aristea.   Vorrei morir piuttosto
che mancarti di fede un sol momento.
Megacle. (Oh tormento maggior d’ogni tormento!)
Aristea. Ma guardami, ma parla,
ma di’...
Megacle.   Che posso dir?
Alcandro. (uscendo frettoloso) Signor, t’affretta,
se a combatter venisti. Il segno è dato,
che al gran cimento i concorrenti invita. (parte)
Megacle. Assistetemi, o numi. Addio, mia vita!
Aristea. E mi lasci cosí? Va’: ti perdono,
pur che torni mio sposo.
Megacle.   Ah! sí gran sorte
non è per me. (in atto di partire)
Aristea.   Senti. Tu m’ami ancora?
Megacle. Quanto l’anima mia.
Aristea.   Fedel mi credi?
Megacle. Sí, come bella.
Aristea.   A conquistar mi vai?
Megacle. Lo bramo almeno.
Aristea.   Il tuo valor primiero
hai pur?
Megacle.   Lo credo.