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atto secondo 305


Mandane.   Oh dèi!

Cambise.   Non vedi...
Mandane. Ah! tutto vedo, ah! tutto accorda: è vero,
è il carnefice Alceo. Perciò poc’anzi
tremava innanzi a me; gli amplessi miei
perciò fuggia. Ben de’ materni affetti
volle abusar, ma s’avvilí nell’opra:
sentí quel traditore
repugnar la natura a tanto orrore.
Cambise. Ma tu creder sí presto...
Mandane.   Oh Dio! consorte,
tu non udisti come
Mitridate parlò. Parea che avesse
il cor sui labbri. Anche un tumulto interno,
che Alceo mi cagionò, gli accrebbe fede:
e poi quel che si vuol, presto si crede.
Cambise. Oh dèi, ridurci a tal miseria, e poi
deriderci di piú!
Mandane.   Trarre una madre
fino ad offrire amplessi
d’un figlio all’omicida! Ah! sposo, il mio
non è dolor: smania divenne, insana
aviditá di sangue.
Cambise.   Io stesso, io voglio
soddisfarti, o Mandane. Addio. (partendo)
Mandane.   Ma dove?
Cambise. A ritrovare Alceo,
a trafiggergli il cor: sia pur nascosto
in grembo a Giove. (partendo)
Mandane.   Odi: se lui non giungi
in solitaria parte, avrá l’indegno
troppe difese. Ove s’avvalla il bosco,
fra que’ monti colá, di Trivia il fonte
scorre ombroso e romito:
atto all’insidie è il sito. Ivi l’attendi:
passerá: quel sentiero