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106 xvii - zenobia


Giusti dèi! chi m’inganna: Egle o Zopiro?

Ti sento, oh Dio! ti sento,
gelosia, del mio cor furia tiranna;
tu mi vai replicando: — Egle t’inganna. —
          Ah! perché, s’io ti detesto,
     s’io ti scaccio, empio timore,
     ah! perché cosí molesto
     mi ritorni a tormentar?
          Qual riposo aver poss’io,
     se vaneggio a tutte l’ore,
     se diventa il viver mio
     un eterno dubitar?

Mentre Radamisto è per partire, sente la voce di Zenobia, s’arresta e si rivolge.

Zenobia. Ma dove andiam? (di dentro)

Radamisto.   Qual voce udii! La sposa
giurerei che parlò. Vien quindi il suono:
cerchisi. O sorte, alle mie brame arridi!

Nell’entrar Radamisto per la parte donde ascoltò la voce, escono poco lontano, non veduti da lui, Zenobia e Zopiro.

SCENA III

Zenobia e Zopiro, poi Radamisto di nuovo.

Zenobia. E non posso saper dove mi guidi?

Zopiro. Sieguimi: non temer.
Zenobia. (arrestandosi sospettosa) (Qualche sventura
il cor mi presagisce.)
Radamisto.   (Eccola. È seco
Zopiro: udiam s’egli è fedel.) (resta in disparte)
Zopiro.   Che fai?
Vieni: al tuo sposo io ti conduco.
Zenobia.   E quando
il troverem? Da noi