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atto terzo | 115 |
SCENA X
Deliziosa dei re d’Armenia, abitata da Tiridate.
Tiridate e Mitrane.
Mitrane. Pur troppo è ver; pur troppo
d’Egle i detti intendesti: è Radamisto
di Zenobia l’amor. Quando l’intese
tuo prigioniero, impallidí, sen corse
frettolosa alle tende, a lui l’ingresso
ardí cercar; ma non le fu permesso.
Tiridate. E pur, Mitrane, e pure
non so crederlo ancora.
Mitrane. A lei fra poco
lo crederai: del prigionier la vita
a dimandarti ella verrá.
Tiridate. Che ardisca
d’insultarmi a tal segno?
Mitrane. A te dinanzi
giunta di giá saría; ma due guerrieri,
che dal campo romano
a lei recano un foglio, a gran fatica
la ritengon per via.
Tiridate. No, no, l’ingrata
non mi venga sugli occhi: io non potrei
piú soffrirne l’aspetto.
Mitrane. Eccola.
Tiridate. Oh dèi!