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44 | xvi - temistocle |
son miei nemici. È naturale istinto
l’odio per Serse ad ogni greco. Io voglio
vendicarmi d’entrambi.
Rossane. (Felice me!) Della fedel Rossane
tutti non hanno il cor.
Serse. Lo veggo, e quasi
del passato arrossisco.
Rossane. E pure io temo
che, se Aspasia a te viene...
Serse. Aspasia! Ah! tanto
non ardirá.
Aspasia. Pietá, signor!
Rossane. (piano a Serse) (Lo vedi
se tanto ardí? Non ascoltarla.)
Serse. (piano a Rossane) (Udiamo
che mai dirmi saprá.)
Aspasia. Salvami, o Serse,
salvami il genitor. Donalo, oh Dio!
al tuo cor generoso, al pianto mio.
Serse. (Che bel dolor!)
Rossane. (Temo l’assalto.)
Serse. E vieni
tu grazie ad implorar? tu che d’ogni altro
forse piú mi disprezzi?
Aspasia. Ah! no, t’inganni:
fu rossor quel rifiuto. Il mio rossore
un velo avrá, se il genitor mi rendi:
sará tuo questo cor.
Rossane. (Fremo.)
Serse. E degg’io
un ingrato soffrir, che i miei nemici
ama cosí?
Aspasia. No, chiedo men. Sospendi
sol per poco i tuoi sdegni: ad ubbidirti
forse indurlo potrò. Mel nieghi? Oh dèi,