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304 | iv - ezio |
celai finor la tenerezza! Ah! lascia,
mia speme, mio sostegno,
cara difesa mia, che alfin t’abbracci.
(vuole abbracciar Fulvia)
Fulvia. Vanne, padre crudel!
Massimo. Perché mi scacci?
Fulvia. Tutte le mie sventure
io riconosco in te. Basta ch’io seppi,
per salvarti, accusarmi.
Vanne; non rammentarmi
quanto per te perdei,
qual son io per tua colpa, e qual tu sei.
Massimo. E contrastar pretendi
al grato genitor questo d’affetto
testimonio verace?
Vieni... (vuole abbracciarla)
Fulvia. Ma per pietá lasciami in pace.
Se grato esser mi vuoi, stringi quel ferro:
svenami, o genitor. Questa mercede
col pianto in su le ciglia
al padre, che salvò, chiede una figlia.
Massimo. Tergi le ingiuste lagrime;
dilegua il tuo martiro,
ché, s’io per te respiro,
tu regnerai per me.
Di raddolcirti io spero
questo penoso affanno
col dono d’un impero,
col sangue d’un tiranno,
che delle nostre ingiurie
punito ancor non è. (parte)