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atto secondo 35


Aspasia.   Sono i tuoi dubbi alfine

terminati, o Rossane?
Rossane. (come sopra) (Io non ritrovo
di nodi sí tenaci
tanta ragion.)
Aspasia.   Che fai? Mi guardi e taci!
Rossane.   Ammiro quel volto,
     vagheggio quel ciglio,
     che mette in periglio
     la pace d’un re.
          Un’alma confusa
     da tanta bellezza
     è degna di scusa,
     se manca di fé. (parte)

SCENA V

Aspasia, poi Lisimaco.

Aspasia. Che amari detti! O gelosia tiranna,

come tormenti un cor! Ti provo, oh Dio!
per Lisimaco anch’io.
Lisimaco.   (Solo un istante
bramerei rivederla, e poi... M’inganno?
ecco il mio ben.)
Aspasia.   Non può ignorar ch’io viva:
troppo è pubblico il caso. Ah! d’altra fiamma
arde al certo l’ingrato; ed io non posso
ancor di lui scordarmi? Ah! sí, disciolta
da questi lacci ormai... (volendo partire)
Lisimaco.   Mia vita, ascolta.
Aspasia. Chi sua vita mi chiama?... Oh stelle!
Lisimaco.   Il tuo
Lisimaco fedele. A rivederti
pur, bella Aspasia, il mio destin mi porta.
Aspasia. Aspasia! Io non son quella: Aspasia è morta.