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— 113 — una lepre che attraversa la strada |
Il governo dello czar aveva esso voluto che, dopo Krasnoiarsk, dopo l’Yenisei, non una borgata potesse offrire rifugio ai soldati dell’Emiro? E per quanto toccava Michele Strogoff, doveva egli arrestarsi, doveva egli proseguire la sua strada?
Era incerto. Pure, dopo aver pesato il pro ed il contro, pensò che qualunque si fossero le fatiche d’un viaggio attraverso la steppa, senza sentiero aperto, egli non doveva rischiare di cadere un’altra volta fra le mani dei Tartari. Voleva dunque proporre a Nicola di lasciar la via e, se fosse assolutamente necessario, di non ripigliarla se non dopo aver fatto il giro di Nijni-Udinsk, quando s’udì a dritta lo sparo d’una schioppettata. Fischiò una palla, ed il cavallo della kibitka, colpito al capo, cadde morto.
Nel medesimo istante una dozzina di cavalieri si gettarono sulla strada, e la kibitka fu circondata. Michele Strogoff, Nadia e Nicola senza neppure aver avuto il tempo di avvedersene, erano prigionieri e venivano trascinati rapidamente verso Nijni-Udinsk.
În questo improvviso attacco, Michele Strogoff nulla aveva perduto della sua freddezza d’animo. Non avendo potuto vedere i suoi nemici, non aveva pensato a difendersi. E quand’anche avesse avuto l’uso degli occhi, non l’avrebbe tentato. Sarebbe stato correre incontro ad un eccidio. Ma, se egli non vedeva, poteva ascoltare quanto essi dicevano.
Infatti, dal loro linguaggio, egli riconobbe che quei soldati erano Tartari, e dalle loro parole, che precedevano l’armata degli invasori.
Ecco, del resto, quello che Michele Strogoff apprese, un po’ dai discorsi fatti dinanzi a lui in