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una festa al palazzo nuovo


— Quest’ordine fu dato coll’ultimo telegramma che abbiamo potuto far pervenire al di là del lago Baikal.

— Quanto ai governi di Yeniseisk, di Omsk, di Semipalatinsk, di Tobolsk, siamo sempre in comunicazione diretta con essi dopo il principio dell’invasione?

— Sì, sire, i nostri dispacci giungono loro, ed abbiamo la certezza che i Tartari non si sono avanzati al di là dell’Irtyche e dell’Obi.

— E del traditore Ivan Ogareff, si hanno notizie?

— Nessuna, rispose il generale Kissoff. Il direttore della polizia non sa dire se abbia o no passata la frontiera.

— I suoi connotati siano mandati subito a Nijni-Novgorod, a Perm, ad Ekaterinburgo, a Kassimow, a Tiumen, ad Ichim, ad Omsk, ad Elamsk, a Kolyvan, a Tomsk, a tutti i posti telegrafici coi quali il filo corrisponde ancora.

— Gli ordini di Vostra Maestà saranno eseguiti all’istante, rispose il generale Kissoff.

— Silenzio di tutto questo.

E, fatto un cenno di rispettosa adesione, il generale s’inchinò e si confuse poi nella folla, per lasciare poco stante le sale senza farsi scorgere.

Quanto all’ufficiale, rimase pensoso alcuni istanti, e quando tornò a mescersi ai varî crocchi di ufficiali e d’uomini politici formati in molti punti delle sale, la sua faccia avea ripresa tutta la calma perduta per un momento.

Pure il grave fatto, che aveva dato origine a quel breve dialogo, non era ignorato, come l’ufficiale dei cacciatori delle guardie ed il generale Kissoff potevano credere. Non se ne parlava ufficialmente, è vero, e nemmeno officiosamente, per-